Potremmo definirlo una proiezione al futuro. O, meglio, un legame tra passato, presente e futuro. L’epitaffio, ovvero l’iscrizione sepolcrale, è, per sua natura, qualcosa di fermo e immutabile. In realtà, oggi come nell’antichità, è un elemento che consente alla mente e al cuore di chi lo legge di viaggiare, nel tempo e nello spazio. L’epitaffio funebre può commuovere, far riflettere, ispirare, a volte strappare un sorriso. Può essere scritto in onore del defunto o può essere un ultimo dono del defunto stesso che sfida l’oblio. Di certo, è materia viva. Per questo, un epitaffio efficace deve essere ragionato e curato nei minimi dettagli, dalla forma alla scelta delle giuste parole.
L’epitaffio è l’iscrizione funebre apposta sulla lapide. Un messaggio significativo, racchiuso in una o più frasi, attraverso il quale si celebra la persona amata. Può essere, però, anche l’ultimo pensiero lasciato dallo stesso defunto. Sono parole destinate a sfidare il tempo, l’oblio e, per assurdo, anche la morte stessa.
Come il trasporto funebre, l’epitaffio ha origine nella cultura della Grecia antica. Al tempo, con questo termine, si indicava un discorso commemorativo pronunciato pubblicamente in onore del defunto durante la sepoltura. Tale usanza era diffusa anche nell’antica Roma, dove l’epitaphius era un elogio funebre in versi che conteneva le lodi della persona scomparsa. Nel tempo si è persa questa componente orale e ha preso piede l’utilizzo del termine epitaffio per come lo intendiamo oggi. Ovvero “ciò che sta sopra al sepolcro”, più vicino al significato di epigrafe.
Nonostante la conformazione sia cambiata, l’importanza dell’epitaffio è rimasta la stessa. Così come nell’antica Grecia e presso i Romani, ancora oggi l’epitaffio funebre rappresenta un messaggio commemorativo dedicato alla persona amata. La sua lettura conduce familiari e conoscenti a ricordi passati, custodendo e contribuendo a rinverdire ogni volta il valore della presenza, pur se in forma diversa, del proprio caro. Tuttavia, l’iscrizione funebre è pubblica o, meglio, a disposizione di tutti coloro che entreranno nel luogo sacro in cui si trova. Dunque, può anche essere occasione di incontro o di riflessione per chi non conosceva personalmente il defunto. Questo messaggio, oltre a essere leggibile da tutti, rimane nel tempo. Per questo, è necessaria un’accurata valutazione delle parole da utilizzare.
Come evidenziato in un precedente articolo, il lutto richiede un elevato dispendio di energie per chi è tenuto ad affrontarlo. In questo momento delicato, pervaso dal dolore, può essere assai difficile concentrarsi sugli aspetti più organizzativi. Per quanto, è consigliabile dedicare del tempo alla composizione dell’epitaffio funebre.
È, senza dubbio, complicato sintetizzare in poche righe la vita o le qualità della persona amata. Tuttavia, questa occasione può lasciare spazio al fuoco vivo dei ricordi. Prima di procedere alla stesura del messaggio, è fondamentale chiarire quali aspetti si vogliano mettere in luce. Ad esempio, si possono porre in rilievo e onorare:
Dopo aver compreso su quali aspetti sviluppare l’ultimo saluto, è essenziale valutarne la forma.
Per la scrittura dell’epitaffio non vi sono regole precise da rispettare, né l’obbligo di forme particolari. Idealmente, comunque, l’epitaffio funebre dovrebbe essere un messaggio breve e incisivo.
Ci si può affidare anche a frasi altrui che magari già riassumono perfettamente quel che si vorrebbe dire. Aforismi, citazioni ed estratti di poesie, romanzi o canzoni possono offrire uno spunto.